Sfioro il tuo corpo,
quasi il mio fosse vento,
insinuandomi, tra le tue chiome,
per trovare, tra i loro rami,
l’alternarsi delle stagioni,
ed in ogni suo vibrare,
il raggio di sole,
che ne illumini le fronde,
mostrandomene i frutti
pronti per esser colti.La primavera,
ha il sapore delle tue labbra,
dono edule, di sensi,
al morso delle mie;
avide, delle tue rosse primizie,
che colgo, una ad una,
dalla rorida mensa,
senza poter saziare, la mia bramosia,
se non, baciandole senza requie,
inseguendo l’estasi sulla tua pelle.
Ne lambisco l’essenza,
la papillare delicatezza,
nel tappeto, dei tuoi petali,
offerta silente, ad Arpocrate,
ed Afrodite, sul tuo altare;
profumato banchetto,
cui mi avvicino,
accarezzando, timido e prono,
la morbidezza, levigata, della tua natura,
pregustandone, la dolcezza.L’estate,
ha il suo palpitante tepore
fertile promessa, dischiusasi,
nella fragranza della tua fioritura,
per divenir, succosa polpa,
al morso del mio vento;
che, delicato,
nel chiuso del tuo vello,
ne assapora il nettare, buttando il seme,
per una stagione di nuove speranze.
Giovanni Paci